Penso che uno dei problemi fondamentali della cultura contemporanea sia quello che potremmo chiamare il “solipsismo dell’Io”.
Con la Morte di Dio e la fine delle Grandi narrazioni, tramontati Dio, l’Essere e i Valori, tutta la cultura contemporanea ruota attorno all’Io e alla sua Volontà di potenza: i suoi desideri, le sue paure, la sua ricerca della felicità, il suo desiderio di essere riconosciuto come unico e irripetibile, ma allo stesso tempo di essere sempre in relazione con gli altri.
Solo che c’è un problema: se non esiste che l’Io e la sua volontà, anzi, se esiste solo la Volontà dell’Io, al punto che ciò che io sono dipende esclusivamente da ciò che voglio, la relazione con l’altro (anche quell’altro intimo rappresentato da me stesso) diventa impossibile. Se esiste e vale solo la mia volontà, allora non potrò mai incontrare la realtà dell’Altro (sia esso la mia intimità, un altro essere umano, la natura o, per chi ci crede, Dio) e farmi interrogare da essa, meravigliarmi della sua esistenza, prendermene cura, insomma, entrare, con questa realtà, in una relazione che non sia caratterizzata dalla volontà di dominio, che riduce l’altro a mezzo per raggiungere i propri fini o ad ostacolo da rimuovere. Se esiste solo la mia volontà ed io coincido con essa, sono condannato alla solitudine eterna, e la ricerca della felicità si riduce alla perenne rincorsa di un oggetto che possa soddisfare il mio desiderio. Rincorsa destinata a fallire, perché ogni oggetto del desiderio è condannato ad essere consumato e a diventare carburante da bruciare in una nuova rincorsa, dal momento che esiste solo in funzione del soggetto. A differenza dell’Altro con cui si entra veramente in relazione, da cui ci si lascia provocare ed interrogare, il quale, con la sua irriducibile presenza ed alterita’, si sottrae alla nostra volontà di potenza, e ci consente di sostare e di uscire dal recinto asfittico della nostra coscienza individuale.