Balla coi robot.

L’anno scorso, mentre guardavo la cerimonia di apertura dei Giochi paralimpici di Rio, sono rimasto profondamente colpito dall’esibizione di una bella ragazza bionda, senza gambe, che ballava con un robot.

Amy Purdy balla con il robot KUKA

La ragazza  (in realtà una donna di 37 anni ) si chiama Amy Purdy: è una snowboarder paralimpica che a 19 anni è stata colpita da una meningite batterica che l’ha costretta a subire l’amputazione delle gambe sotto al ginocchio e il trapianto di un rene; il braccio meccanico che danzava con lei si chiama KUKA, ed è un robot industriale di un’azienda tedesca.

Ad impressionarmi non è stata solo la bellezza della ragazza e la grazia delle sue movenze, e neanche solo il fatto che questa donna, che si muoveva con tale eleganza e sinuosità, lo facesse senza gambe, grazie a delle protesi, ma soprattutto il fatto che i suoi movimenti si armonizzassero alla perfezione con quelli del robot.

La completa armonia che si era venuta a creare tra quella ragazza e il robot: questo era il vero motivo della mia stupita ammirazione.

 

I robot, fin dalla loro comparsa, hanno esercitato un grande fascino sull’essere umano: un’ammirazione mista a paura ed angoscia, espressa in modo insuperabile nei racconti e nei romanzi di Asimov.

I robot, e più in generale le “macchine”, compresi i computers, ci affascinano per le loro “prestazioni”: sono più veloci, più forti, più precisi di noi e, soprattutto, sono instancabili: non hanno bisogno di fermarsi, di riposare…e non si ammalano; tutt’al più si guastano, ma possono velocemente essere sostituiti.

Io non sono un esperto di computers e di robot, né uno storico della tecnologia, ma mi ricordo abbastanza distintamente che quando ero giovane (negli anni ’80 e inizi dei ’90 del secolo scorso) si faceva un gran parlare di robot e di intelligenza artificiale, e ci si chiedeva con angoscia se, un giorno, gli uomini sarebbero stati sostituiti.

Questo interrogativo è tornato prepotentemente alla ribalta qualche anno fa, in concomitanza con l’avanzata di quella che gli esperti chiamano “industria 4.0”.

Lo sviluppo di una serie di tecnologie che tendono sempre più ad integrarsi fra loro – robotica, tecnologie della comunicazione, internet delle cose, stampanti 3D – sta rivoluzionando i processi produttivi, portandoli verso una sempre maggiore automazione.

Tutta una serie di lavori che, per ora, sono svolti dall’uomo, in un futuro molto prossimo saranno svolti dai robot, o dai computers o, comunque, da dispositivi tecnologici.

Ecco che, allora, la paura dei robot – la paura di essere sostituiti, di diventare obsoleti – ritorna a galla.

Ma in cosa consiste, di preciso, questa paura?

Ce lo ha detto con straordinaria precisione il già citato Asimov. Nei suoi racconti i robot sono molto più simili agli uomini di quelli che esistono oggi: sono in grado di ragionare e di prendere delle decisioni, ma il loro comportamento è regolato dalle tre leggi della robotica, elaborate per far sì che i robot non potessero danneggiare in alcun modo gli uomini.

Come tutti sanno, proprio sulla base di quelle leggi,  i robot giungono alla fine alla conclusione che il modo più efficiente di proteggere gli uomini è quello instaurare una ferrea dittatura, privandoli della loro libertà.

La paura che gli uomini di oggi hanno di fronte ai robot, ma più in generale nei confronti della tecnologia  (che d’altra parte li affascina profondamente) è quella di non riuscire a dominarla e,  quindi, di esserne dominati.

È una paura ragionevole, perché dipende in gran parte dalla straordinaria sofisticazione che i prodotti tecnologici hanno raggiunto e, contemporaneamente, dalla straordinaria ignoranza che i non addetti ai lavori hanno nei confronti della tecnologia, nonostante non possano fare a meno di utilizzarla.

Lo sviluppo tecnologico, oggi,  apre continuamente nuovi scenari, dandoci la possibilità di fare cose fino a poco tempo fa impensabili.  Ma, così facendo, chiama in causa come mai prima d’ora la nostra libertà e responsabilità.

Quali saranno le conseguenze di questo sviluppo? Nessuno può prevederlo, perché la strada che verrà intrapresa dallo sviluppo tecnologico dipenderà dalle nostre scelte e dalla nostra conoscenza, non solo della tecnologia, ma soprattutto di noi stessi.

Non c’è un esito prestabilito,  la direzione dipenderà dai fini che noi uomini sceglieremo di porre allo sviluppo tecnologico.

Non è ancora chiaro, ad esempio, se le innovazioni che stanno interessando il modo di produrre porteranno ad una perdita o ad un aumento dei posti di lavoro. Molte attività, soprattutto le più meccaniche e ripetitive, non verranno più svolte dall’uomo, ma dalle macchine; d’altra parte sicuramente nasceranno nuovi tipi di lavoro, necessari per poter gestire le macchine.

Il saldo sarà positivo o negativo? Nessuno per ora può dirlo.

Una cosa però, in tutta questa tumultuosa evoluzione tecnologica, a me sembra positiva: più aumentano i lavori che vengono svolti dalle macchine, più sono le attività che possiamo affidare ai dispositivi tecnologici, più la tecnica “guadagna terreno”, più noi siamo costretti a interrogarci su noi stessi e a chiederci: “Qual è l’essenza dell’uomo? Cos’è propriamente “umano”?

Levoluzione della tecnologia, cioè l’aumento della nostra potenza, ci consegna definitivamente alla nostra libertà.

Ci sono uomini che si riducono a vivere come macchine, e forse, nel futuro, ci saranno macchine che, come il robot protagonista de L’uomo bicentenario di Asimov, si evolveranno a tal punto da diventare umani.

Ma lo splendido ballo della “bionica” Amy Purdy ci fa comprendere che c’è una terza, auspicabile, possibilità: quella di un uomo che, comprendendo se stesso, sia in grado di danzare in armonia con la tecnica, opera delle sue mani.

3 pensieri su “Balla coi robot.

  1. In uno dei temi di maturità di quest’anno si parlava proprio dei robot. Tra le fonti su cui i ragazzi dovevano basarsi per scrivere il tema, ce n’erano due che sostenevano delle tesi totalmente discordanti tra loro. Cerco di riassumerle.
    Secondo la prima fonte i robot sono destinati a diminuire di 2/3 il lavoro umano, e quindi creeranno delle tensioni sociali spaventose. La seconda fonte invece sosteneva che i robot potranno sostituire il lavoro umano soltanto nell’ambito della bassa manovalanza (dove non ci vuole particolare intelligenza né istruzione): di conseguenza i robot non diminuiranno il lavoro umano, ma lo faranno semplicemente spostare da chi ha un basso livello di istruzione a chi invece ha delle altissime competenze scientifiche, e le potrà sfruttare per costruire dei robot sempre più efficaci.
    Mi sono interrogato a lungo su quale delle due fonti avesse ragione, e alla fine mi sono convinto che la prima previsione ha più probabilità di realizzarsi. Il motivo è molto semplice: di operai ce ne sono tantissimi, di scienziati in grado di costruire un robot molti meno. Di conseguenza, se i robot continueranno a venire usati in modo sempre più esteso nel mondo del lavoro, quelli che ne beneficeranno saranno molti meno di quelli che a causa di questo progresso si ritroveranno sul lastrico.
    Inoltre, dato che i robot possono sostituire l’uomo soltanto nei lavori che non richiedono particolare intelligenza né istruzione, i lavoratori del futuro dovranno cercare di ottenere dei titoli di studio più alti possibile. E non per mettersi in tasca un pezzo di carta, ma per acquisire delle competenze che o sono spendibili direttamente nel campo della robotica, o possono garantire loro un lavoro che i robot non potranno mai svolgere.
    Le mie considerazioni ti trovano d’accordo?

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  2. Le tue argomentazioni mi sembrano sensate. Il problema, a mio parere, è che le fonti che vi hanno messo a disposizione semplificavano ed estremizzavano un po’ troppo il tema. La questione, in realtà, è veramente complessa e, a tutt’oggi, gli esperti che se ne occupano direttamente affermano che non si può prevedere quale sarà l’impatto complessivo di queste nuove tecnologie sul mondo del lavoro, in termini di numero di occupati. Sicuramente i primi ad essere sostituiti dai robot e più in generale da queste nuove tecnologie saranno coloro che svolgono dei lavori ripetitivi e meccanici, facilmente riproducibili da dispositivi automatici, ma non necessariamente tutti e solo gli operai. Inoltre i nuovi lavori che nasceranno non saranno limitati alla progettazione e produzione di robot sempre più sofisticati, ma anche, ad esempio, all’analisi della montagna di dati che verranno messi a disposizione dall’interazione tra robot, oggetti “intelligenti” e uomo. Se ti interessa l’argomento e vuoi approfondire, ti consiglio la lettura di questo testo, che affronta la questione a 360 gradi.
    https://www.ibs.it/industria-4-0-uomini-e-macchine-nella-libro/e/9788862506380?tipo=nuovo&lgw_code=1122-B9788862506380&gclid=EAIaIQobChMIjdKJ8rD51QIVcADTCh39SgcnEAQYAyABEgJoivD_BwE

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